Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 7 — |
Come i miei figli non ce ne sono altri a Nuoro.
— Eh! eh! — disse l’altro quasi gemendo.
— Eh! eh! Cosa vuoi dire col tuo eh! eh!, Jacu Fà? Dico bugie forse? Mostrami altri tre giovani come i miei figli, onesti, laboriosi, forti. Uomini sono, essi, uomini sono!
— E chi ti dice che siano donne?
— Donne, donne! Donna sarai tu, pancia di cassetta, — gridò zio Portolu premendo con le sue grosse mani sulla pancia del parente, — tu, non loro, i miei figli! Non li vedi? — proseguì, rivolgendosi con adorazione verso i tre giovanotti. — Non li vedi, sei cieco? Tre colombi....
Zia Annedda s’avvicinò, col bicchiere in una mano e la caraffa nell’altra. Colmò il bicchiere e lo porse al Farre, e il Farre lo diede cortesemente a zio Portolu. E zio Portolu bevette.
— Beviamo! Alla salute di tutti! E tu, moglie mia, femminuccia, non aver più paura di nulla: saremo come leoni, ora, non ci toccherà più neanche una mosca.
— Va! va! — ella rispose.
Versò da bere al Farre e passò oltre. Zio Portolu la seguì con gli occhi, poi disse, toccandosi l’orecchia destra con un dito: