Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 120 — |
zio Martinu ha ragione; ma bisogna che faccia presto.
Si mosse; tosto freddi brividi lo assalirono, salendogli dalla punta dei piedi e serpeggiandogli per tutto il corpo; sedette di nuovo in faccia alla luna, col viso cinereo, battendo i denti. Ricordava anche il suo voto, la sera che aveva pianto come un bimbo ai piedi di San Francesco; ma oramai quei propositi erano lontani: gli pareva di esser vinto dalla passione e di non poter più resistere. Pensava:
— Allora mi sembrava che il giorno delle nozze non arriverebbe mai: ora invece è vicino, è doman l’altro: bisogna che mi muova.
— Ma perchè non posso muovermi? — chiese poi a sè stesso, in un momento di lucidità. — Cerco di muovermi e non posso: mi sento le membra pesanti come pietre. E questi brividi? Ho la febbre, devo ammalarmi.
— Ah,— pensò poi con terrore, — e se mi ammalo? Se non posso muovermi? E se intanto.... Ah, no, no, io vado, io vado.
S’alzò pesantemente, scese dalla roccia e s’incamminò barcollando, attraverso le stoppie e il fieno scintillanti e odoranti alla luna.
Si sentiva sempre il melanconico tintinnio delle greggie, la lontana voce del vento nel