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dovi. Gli pareva la voce di prete Porcheddu, di Maddalena, di sua madre, di zio Martinu; ricordava il sogno fatto la prima sera del ritorno e quello in riva all’Isalle, e altri sogni, altre visioni lontane. E provava in fondo all’anima un’angoscia confusa, per quella voce che non poteva sentire, per quei sogni, per altre cose che non riusciva a ricordare.
La luna gli batteva sul volto, sugli occhi, dandogli un incantesimo di sogno. Intorno, sulla linea dei boschi, sui lontani orizzonti, il cielo svaniva in uno splendore di perla: le greggie pascolavano ancora, in lontananza, spendendo nella solitudine notturna il melanconico tintinnio delle loro campanelle. Mai Elias si era sentito triste come in quella notte. Gli accadeva anche una cosa insolita; ricordava cioè i giorni, i mesi, gli anni passati in quel luogo; li ricordava con dolore umiliante, come non li aveva mai ricordati; e confusamente pensava:
— Ah, se non avessi peccato nè frequentato i mali compagni, non sarei stato in quel luogo, avrei conosciuto Maddalena prima di Pietro, e adesso non sarei così infelice. Mi hanno domato, è vero, ma mi hanno reso debole come una femminuccia. E dire che io rac-