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coi lunghi capelli giallastri e una folta barba grigia; il suo viso tutto increspato di rughe dure sembrava fuso nel bronzo. Era maestoso, nel suo costume scuro, sul quale indossava una sopragiacca senza maniche, di cuoio unto; pareva un uomo preistorico. Elias diede in esclamazioni di gioia, saltò il muro, tese la mano al vecchio.
— Beato chi vi vede, zio Martinu! Vi ho cercato due volte; come state?
— Ben trovato! E fra cento anni un’altra disgrazia come quella passata. Come stai? Io sto bene: ho dovuto assentarmi per vari giorni, — rispose zio Martinu, calmo, con voce forte e pronunzia lenta.
Sedettero sul muro e parlarono a lungo, raccontandosi tante cose.
— Il primo giorno che son tornato, — disse poi Elias, — ho sognato di voi. Ero nel cortile, in casa, ero stanco, avevo un po’ bevuto e mi addormentai. E ho sognato di voi: stavamo così, come siamo adesso, davanti a questo muro. Come i sogni si avverano!
— Oh! oh! — disse l’altro, ma senza meraviglia.
Elias non gli raccontò precisamente il sogno, ma gli chiese: