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so, e di una serietà insolita alla sua età. Ma anche lui apparteneva ad una famiglia mista, che non era borghese ma neppure esclusivamente paesana, che anzi vantava essere di pura e antica razza locale: abitavano in una casa buia, in fondo a un cortile chiuso, quasi murato come una prigione; e tutti della famiglia, il padre alto e già quasi vecchio, i fratelli, le sorelle, delle quali una bellissima e con rari occhi celesti, erano di una rigidità quasi tragica. Scarso il patrimonio, tanto che quando si trattò di mandare il ragazzo a studiare a Cagliari, si dovette fare sacrifici. Ma Gioanmario, lo studente, dava buone promesse. Durante quelle ultime vacanze, mentre si preparava a partire, le sue visite diventarono più frequenti. Tutte le sere cercava di Andrea, pur sapendo che l’amico non era in casa, e coglieva tutte le scuse per attardarsi con le ragazze. I suoi discorsi le interessavano: per lo più egli riportava le notizie del paese, i pettegolezzi, le storielle di innocenti amori fra studenti e fanciulle del luogo: Cosima e sopra tutto Enza lo ascoltavano incantate. Enza era già quasi una signorina, un po’ strana, a volte taciturna a volte di una allegria insolente e isterica. Non si tardò ad accorgersi che lei e Gioanmario si erano stretti con un legame d’amore; trovarono il modo di vedersi in segreto e l’opposizione della famiglia di lei, che sperava in un matrimonio più sollecito e solido, aumentò la loro passione. Fu una vera passione, alimentata dal