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Il commercio lo aveva quasi arricchito. Ma, come un umanista primitivo, egli coltivava anche gli studi poetici: le sue poesie erano dialettali, tuttavia in una forma che si avvicinava alla lingua italiana. Bravo anche come poeta estemporaneo, raccoglieva a volte intorno a sé altri campioni famosi in quelle gare, e competeva coi più bravi e inspirati. E aveva iniziative geniali, anche come proprietario e come agricoltore. Tentò piantagioni di agrumi, di sommaco, di barbabietole: l’aridità della terra rocciosa, bruciata da lunghe siccità, frustrò i suoi tentativi. Impiantò anche una piccola tipografia e stampò a sue spese un giornaletto, e le poesie sue e dei suoi amici: fallimento completo anche questo.

Nelle ore di riposo, alla bella stagione, sedeva all’ombra della casa, davanti alla porta, leggendo i giornali. Tutti quelli che passavano lo salutavano o si fermavano addirittura a conversare con lui. E se passava una donna bisognosa, egli traeva in silenzio dal taschino una moneta e gliela porgeva, accennandole, col dito sulla bocca, di non fiatare. Così, tutti si allontanavano consolati.


Oltre ad Antonino, frequentava la casa un altro giovanissimo studente, già compagno di scuola di Andrea. Era un ragazzo smilzo, dal profilo rapace, gli occhi inquieti e diffidenti, orgoglioso e ambizio-