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senza incendiarsi, in un angolo della montagna. Alcuni piccoli pastori di capre lo avevano veduto librarsi sopra le roccie, illuminato dal tramonto, credendolo una cosa sovrannaturale, e, nel vederlo scendere, si erano inginocchiati presi da terrore superstizioso, gridando: «È lo Spirito Santo, è lo Spirito Santo».

Lusingato da questo successo, lo studente ne tentò un altro. Costruì una ruota pirotecnica, che doveva innalzarsi come il pallone e accendersi con fuochi artificiali di sorprendente effetto. Alcuni razzi di prova riuscirono bene: guizzarono in alto, una sera di agosto, si aprirono in meravigliosi getti di fiori incandescenti: ma quando si trattò di issare e far funzionare la ruota, questa s’incendiò, con grande spavento della famiglia, e il giovine inventore ne ebbe una mano e un braccio gravemente ustionati. L’insuccesso e il male lo avvilirono: dovette mettersi a letto, e per placargli le sofferenze e farlo dormire, il dottore gli ordinò una miscela alla quale era mescolato del cognac. Egli si addormentò; ma come se gli avessero propinato una bevanda magica, si svegliò stordito, e quando le sofferenze della sua scottatura lo tormentavano, si preparava la bevanda e ricadeva in sopore. Il suo umore cambiò: divenne irascibile e pigro, trascurò i suoi libri, si assentò per intere giornate da casa senza dire dove andava. Solo la compagnia di Antonino pareva piacergli: si chiudevano