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42 | grazia deledda |
prese i misteri che fanno della donna e dell’uomo un essere solo: non ne fu molto turbata, perché i suoi sensi erano chiusi ancora in un boccio che la vita castissima della sua famiglia non tendeva certo a far fiorire. Ma le cose, specialmente della natura, le apparvero già in un barlume nuovo, come di aurora che segue l’incerto biancore dell’alba. Ecco, più che le confidenze a bassa voce delle sue amichette straniere, la colpiscono i diversi profumi del piccolo orto; quello dei gigli, sopra tutto, e delle rose; ella chiude gli occhi nel piegare il viso sui fiori appena sbocciati, e quel misterioso senso subcosciente di una vita anteriore, che prova nel vedere la nonnina, la riprende più forte. Già ella ne capiva qualche cosa, e tentava di spiegarsela, vagamente, come si cerca d’interpretare i sogni. Anche leggendo già di nascosto i libri del fratello maggiore, e quelli che esistevano in casa, pensava a una vita lontana, diversa dalla sua, e che pure le sembrava di aver un giorno conosciuto. Così, a quell’età, lesse i primi romanzi: uno dei quali era I Martiri di Chateaubriand, che lasciò nella sua fantasia una traccia profonda.
Non è detto però che anche nel suo ambiente la vita non cominciasse a mostrarle la faccia della realtà, e gli avvenimenti non prendessero, a volte, colori e movimenti insoliti.
Uno dei fatti più impressionanti e dolorosi fu la scoperta fatta un giorno dal padre, di denari che