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stra aperta sull’azzurro scuro di una notte stellata.

Fu promossa senza esame: la maestra le consegnò una letterina per il signor Antonio, con la fausta notizia; ed ella la portò a casa sventolandola ogni tanto come una bandiera di trionfo; tanto che la sorella maggiore le dava, per il dispetto, pizzicotti e spintoni; ma quando il padre aprì il messaggio rimase piuttosto freddo, ed anzi un sorriso sarcastico gli strinse le labbra sottili: poiché la signora maestra, il cui marito era un noto ubriacone, e anche lei, si diceva, non sdegnava qualche bicchierotto di vino buono, gli chiedeva denari in prestito. Questa fu una delle prime commediole tragiche della realtà che diede a Cosima una lezione pratica della vita.


Gli altri anni di scuola passarono presto: tre in tutto, poiché la quarta classe fu ripetuta, ed ella ebbe facilmente il primo premio, consistente in un libro del Tommaseo con la copertina bianca fregiata di oro. Adesso aveva dieci anni, e la sua precocità gliene accresceva qualcun altro.

Due bizzarre famiglie, disordinate e forestiere tutte e due, erano intanto venute ad abitare nel piccolo quartiere; una era quella di un armaiolo, cacciatore infaticato, che quando era in casa faceva rintronare i dintorni con gli urli contro la moglie e le figlie giovinette. Da queste ragazze, che già avevano girato un bel po’ di mondo, Cosima ap-