no dopo lo trovò intatto: segno che la bestia non era venuta. E non tornò, per tutte le notti che lo sposo restò in paese. Allora un senso di superstizione riprese la giovine donna. Sì, certo, il muflone doveva avere qualche cosa di umano: dimostrava troppa intelligenza per essere solamente un animale selvatico. D’altra parte ella pensava che potevano averlo ucciso, e ne provava un vago dolore. Lo sposo se ne accorgeva, e non sapeva se riderne o irritarsi: poiché qualcuno gli aveva riferito che una voce correva in paese: cioè che la sposa, sebbene da così poche settimane maritata, apriva la notte la porta a un uomo misterioso, venuto di lontano, che correva in modo da non lasciarsi distinguere. Ed ecco il giovane marito riparte; la casetta rimane di nuovo triste senza di lui; il paese è coperto di neve. La sposa veglia; aspetta il suo amico, ma senza troppa speranza di rivederlo. Invece il muflone, come avvertito da un istinto sovrannaturale, ritorna: ella lo accoglie tremante, lo nutre, lo accarezza, lo sente palpitare e ansare, quasi aspetta di sentirlo parlare. E osserva che la bestia, questa volta, non ha fretta di andarsene. E ancora ella è tentata di tenerselo in casa; che male ci sarebbe? Finalmente si decide a riaprire la porta, e l’amico riparte: un minuto, e di dietro dalla muriccia bianca di neve parte un colpo di fucile: la bestia cade; nel silenzio grande si sentono i cani abbaiare e qualche finestrina si apre: la sposa ha un presentimento; aspetta