muflone, adesso, non scendeva più dai monti: non aveva più fame; inoltre, nel tempo bello la gente stava fuori e poteva dargli la caccia. La fanciulla credette di non rivederlo più: si sposò in autunno; e ai primi d’inverno lo sposo dovette ripartire con la greggia, i servi, i cani.
Ed ecco, la notte stessa, freddissima notte di gelo, il muflone ritornò: ella lo sentì battere le corna alla porta e scese ad aprire col cuore che le pulsava come per un appuntamento clandestino. La storia ricominciò: il muflone si aggirava famigliarmente nella cucina, come un cane, si avvicinava al fuoco; e la sposa gli raccontava sottovoce tutte le sue vicende. Ella non era superstiziosa; non credeva, come altre donne del paese, che gli spiriti e spesso anche gli uomini vivi si trasformino in bestie, specialmente di notte: ci aveva creduto un momento, al primo apparire del muflone, quando si sentiva infelice per la malattia del fidanzato; ma adesso che era felice pensava che la bestia per sé stessa era una creatura straordinaria, sì, ma semplicemente bestia, che le voleva bene. E anche lei gliene voleva; avrebbe voluto tenerselo in casa; le dispiaceva però tenerlo prigioniero e così, dopo la solita visita, gli riapriva la porta. E adesso viene la cosa importante. Per Natale tornò lo sposo. Ella fu incerta se raccontargli o no la sua avventura: però non nascose una certa inquietudine, e, come nelle prime notti, mise il canestro col fieno e l’orzo fuori della porta. Il matti-