Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/40

18 grazia deledda


tro, come allora si usava, aveva la testina coperta da una cuffietta di trina rosa; e da questa cuffietta il viso rosso, gonfio, con la bocca già spalancata al pianto, dava l’idea di un boccio che si spacca per fiorire. Per Cosima fu una delusione: poiché ella si era immaginata la nuova sorellina già tutta ricciuta, bionda e levigata come il bambino che nel quadro sopra il letto era tenuto in braccio da un bonario e rossastro san Giuseppe, e da qualunque parte lo si guardasse volgeva gli occhioni celesti come un pargolo vivo.

La madre sonnecchiava: lei sola non era cambiata, col suo pallido viso dal naso un po’ aquilino, la bocca già appassita e i capelli già grigi: né giovane né vecchia, come la bambina l’aveva sempre conosciuta; né allegra né triste, quasi impassibile e quasi enigmatica. Quando al padre parve che Cosima avesse soddisfatto la sua curiosità, le accennò di andarsene; ed ella se ne andò, ma profittando sempre dell’occasione continuò ad esplorare la casa. Visitò la camera dall’altro lato del pianerottolo; passò il dito sugli intarsi del vecchio sofà le cui molle si erano abbassate. Le piacevano i mobili diversi dai soliti di casa; e invero anche le sedie imbottite, di noce e di stoffa verdastra, che completavano l’arredamento di quella camera quasi signorile, erano interessanti; poiché il sedile era mobile e si poteva toglierlo dal fondo della sedia per spazzolarlo con