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10 grazia deledda


che, quando le due sorelle sono già anch’esse avviate a scuola, il ragazzo scende, ma disdegna di prendere il caffè e latte; roba di donnicciuole, dice. Lui mangerebbe già una fetta di carne rossa mezzo cruda, e non essendoci questa si contenta di tirar giù il canestro dei servi e rosicchia coi suoi forti denti il pane duro e una crosta di formaggio. Nanna gli va appresso supplichevole, con la tazza colma in mano: poiché questo Andrea è il suo idolo maggiore, il suo affanno e la sua preoccupazione.

— Mi sembri un pastore, — dice, mettendogli davanti la tazza. — Prendi questo; prendi, agnello; il maestro ti sentirà l’odore di formaggio.

— E lui, chi è? Io sono un pastore ricco, ma lui è un povero accattone, un ubriacone pidocchioso.

Così parla Andrea del suo professore di latino; e lo dice con convinzione poiché tutta la gente che vive di lavoro intellettuale è per lui più povera dei mandriani e dei manovali.

La sua mentalità è davvero da ricco pastore, che fa una vita rude ma ha bestiame, terre e denaro; e sopra tutto libertà di azione, tanto per il bene come per il male. Anche la sua persona è tozza, squadrata, le vesti trasandate; ma la testa è caratteristica, possente, tutta capelli nerissimi; il profilo è camuso, con le labbra sensuali; gli occhi d’un grigio dorato, corruscanti come quelli del falco. Non ama lo studio, ed è felice solo quando può scappa-