Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/230

180 note


nel mondo letterario fu fatto un anno e mezzo dopo, da una recensione di Luigi Capuana sur un’opera successiva: La via del male. Al quale Capuana la D. scriverà da Nuoro, in data 30 marzo 1897: «Spero che l’opera mia, giacché non conto di fermarmi, debba sempre più riuscirle gradita. Sono ancora molto giovane, molto più giovane di quanto molti, giudicandone dalla mia produzione, mi credano: ebbi solamente il torto di cominciar troppo presto a pubblicare. Ma ero sola, come ancora lo sono, e non avevo maestri né guide. Se un vigile consiglio mi avesse guidata quel Fior di Sardegna, da Lei ricordato, e tanti e tant’altri lavori miei non avrebbero veduto la luce. Ma sento, ora che sono pienamente consapevole, che molto tempo ancora mi resta per compiere l’opera cominciata con La via del male. La guida che nei primi passi mi è mancata ora la sento in me stessa, ed è una intima voce che mi addita qualche cosa di alto e di puro e di fortemente luminoso». Nel 1896 la D. aveva avuto un breve scambio epistolare con Mario Rapisardi.


Pag. 130.

«Spesso vado in una campagna suggestiva: una pianura melanconica, deserta, senza alberi. La nostra vigna è l’ultima; due pini alti fremono continuamente sotto il cielo d’un azzurro triste di viola mammola; al di là cominciano le tancas melanconiche, animate solo da qualche greggia, e sembrano sconfinate. Da sotto il pino ove è inciso il nome di Sebastiano Satta che deve aver sentito la triste poesia di questo luogo, io guardo la vastità desolata e desidero andare, andare attraverso questa infinita eppur dolce tristezza della natura sarda. Chissà? se diventerò ricca, mi farò una casa qui sotto l’incessante murmure dei pini...». Lettera a Luigi Falchi, ottobre 1890: riprodotta in Confidenze dello stesso, Sassari, 1925.

Ai tempi del soggiorno in quella vigna deve risalire la ispirazione e composizione del nuovo romanzo La via del male, uno dei maggiori successi, anche di traduzione in lingue straniere, della D.; il quale comincia per appunto con un idillio al tempo della vendemmia. In un primo tempo detto romanzo doveva intitolarsi L’indomabile (titolo che aveva il colore del tempo: ricorda L’invincibile di Gabriele d’Annunzio, che fu la prima redazione — dal cap. I al XVI — del Trionfo della morte apparsa nella «Tribuna illustrata» del 1890; al quale tenne dietro L’Inarrivabile di Diego Angeli, Ed. Bontempelli, Roma, 1893). Nel frattempo