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2 grazia deledda


teva nella cucina. E la cucina era, come in tutte le case ancora patriarcali, l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e d’intimità. C’era il camino, ma anche un focolare centrale, segnato da quattro liste di pietra: e sopra, ad altezza d’uomo, attaccato con quattro corde di pelo, alle grosse travi del soffitto di canne annerite dal fumo, un graticcio di un metro quadrato circa, sul quale stavano quasi sempre, esposte al fumo che le induriva, piccole forme di cacio pecorino, delle quali l’odore si spandeva tutto intorno. E attaccata a sua volta a uno spigolo del graticcio, pendeva una lucerna primitiva, di ferro nero, a quattro becchi; una specie di padellina quadrata, nel cui olio allo scoperto nuotava il lucignolo che si affacciava a uno dei becchi. Del resto tutto era semplice e antico nella cucina abbastanza grande, alta, bene illuminata da una finestra che dava sull’orto e da uno sportello mobile dell’uscio sul cortile. Nell’angolo vicino alla finestra sorgeva il forno monumentale, col tubo in muratura e tre fornelli sull’orlo: in un braciere accanto a questi si conservava, giorno e notte accesa e coperta di cenere, un po’ di brace, e sotto l’acquaio di pietra, presso la finestra, non mancava mai, in una piccola conca di sughero, un po’ di carbone; ma per lo più le vivande si cucinavano con la fiamma del camino o del focolare, su grossi treppiedi di ferro che potevano servire da sedili. Tutto era grande e solido, nelle masserizie della cucina; la padella di