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gazza mora, che la faceva camminare carponi sui pavimenti e l’aizzava come una bestia: e, infine, che si burlava delle povere signorine che non avevano altra difesa che quella del selvatico fratello. L’uomo invece pareva innamorato sul serio: faceva regali, complimentava la futura suocera, congedò la cameriera mora per far cessare le chiacchiere, fissò lui stesso la data delle nozze. In ottobre, al ritorno dalle vacanze. E tutta la rendita di quell’anno, dai pascoli sul Monte all’olio del frantoio, dalle mandorle al sughero, fu, con volontario sacrifizio di Andrea, dedicata al corredo. Cucivano e ricucivano, le tre sorelle, tessendo sogni candidi come i fiori delle tovaglie e delle lenzuola. Ma un giorno il grosso fidanzato, che passava le vacanze nel suo lontano paese alpino, scrisse che era stato traslocato, che in ottobre non sarebbe tornato, sibbene più tardi, per le nozze. Poi le sue lettere si fecero rade: infine un giorno si presentò alla signora Francesca un avvocato, che era stato in relazione con lui per certi affari della scuola, e domandò a quanto ascendesse la dote di Beppa. Fu un colpo: ma questo era l’uso dei paesi del fidanzato. E, dopo tutto, la piccola dote che per l’eredità paterna spettava alla fanciulla, se la sarebbe goduta lei con la sua futura famiglia, Risposta: sarà assegnata a Beppa la sesta, mettiamo pure la quinta parte del patrimonio: circa venticinquemila lire in terreni poco redditizi. Torna, dopo otto giorni di