Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/198

152 grazia deledda


Ma adesso rimettetevi giù e state quieto: vi copro io, perché oggi fa freschetto.

Egli si rimise giù, ma sembrava meno quieto e duro del giorno avanti: anche perché si sentiva meglio. Avrebbe voluto alzarsi e tornare al lavoro, ma Ippolito, che gli voleva bene a modo suo, minacciò di negarlo se si moveva.

E la padroncina gli servì il brodo, con l’uovo sbattuto dentro, e anche un bicchiere di vino. Egli però lasciò il bicchiere intatto, con una vespa che vi ronzava attorno incantata.

Il sole era caldo; dal finestrino si vedeva l’orizzonte, coi monti lontani di un azzurro liquido d’acquamarina. Una quiete profonda regnava dappertutto e dalla brughiera veniva un odore tiepido di erbe come nei meriggi di primavera. Il servo lavorava nell’orto e la padrona era andata fino alla vasca a lavare i panni. Cosima pensò di raggiungerla e pregarla di smettere e di portare la roba sporca in paese; nel passare davanti al finestrino di Elia guardò dentro; e vide che il vecchio, seduto sul giaciglio, le accennava di entrare, Entrò: si accorse che egli aveva bevuto il vino e aveva il viso lievemente colorito e gli occhi insolitamente bene aperti.

— Dov’è la padrona? — tornò nuovamente a domandare.

Saputo che lavava i panni, parve indispettirsi.