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Invece un piccolo accidente accadde, mentre le donne venute apposta per la faccenda, spinte e pizzicate da Ippolito, coglievano l’uva deponendola in cestini a doppia ansa, che poi trasportavano in due, dondolandoli come culle, versandone i grappoli in un carro apposito, foderato di stuoie, che appena colmo veniva portato in città per la manipolazione del vino. Una di queste donne aveva portato un bambino, che per un po’ s’era trastullato tra i filari delle viti, poi, scomparso, s’era ad un tratto sentito piangere e gridare. Tutti si slanciarono a cercarlo, con urli di richiamo e di spavento: solo Elia non aprì bocca, ma andò dritto alla vasca e vi si gettò, vestito, traendo il bambino che scosse e fece sgocciolare come uno straccio bagnato. Fu solo un po’ di paura: ma alla sera il vecchio ebbe qualche brivido di febbre, e si fece più rigido del solito. All’alba però già era all’opera nella vigna: finita la vendemmia le donne se ne andarono, ed anche la padrona dichiarò che voleva tornare a casa per presiedere alla pigiatura dell’uva: senonché Elia s’era d’improvviso buttato giù sul suo giaciglio e pareva un cadavere. Non si poteva abbandonarlo così; anzi si pensò di far venire un dottore, e se il servo si aggravava di portarlo in paese. Queste premure parvero scuoterlo e ravvivarlo. Cosima gli offrì una tazza di caffè, gli aggiustò il giaciglio, rimise in ordine la stanzetta. E ogni tanto lo guardava con occhi pietosi, senza dimo-