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tava. Del resto il discorso era semplice: ma il suo tono amichevole, nella voce di quei due, un po’ lamentoso nella padrona, confortante in quella del servo, sorprese la fanciulla. La madre non le aveva mai parlato in quel modo: e d’altronde era proprio di lei che si lagnava. Diceva:

— Andrea tarda, stasera: speriamo non sia accaduto nulla, laggiù: ho sempre paura. E anche quella stordita che se ne va in giro come una capra.

— Non abbia timore, — rispose l’uomo, con una voce fra roca e dolce, ma anche quasi canora, che la padroncina non gli conosceva; — c’è Ippolito che è andato a raccogliere sterpi per il fuoco, e la sorveglia. Poi non si è quasi mai sentito niente, in questi posti. Chi vuole che veda la signorina? E poi è tanto savia, quella: non c’è pericolo che abbia dato appuntamento all’innamorato.

— Non si sa mai, — insisteva la madre: e Cosima pensò in sua coscienza che realmente, su questo punto, si potevano elevare dubbi. — Le ragazze sono tutte stordite: quella, poi, ha certe idee in testa. Tutte quelle scritture, quei cattivi libri, quelle lettere che riceve. E non è venuto anche, a trovarla, un omaccione rosso come la volpe? e da lontano, è venuto, e poi ha scritto di lei sui giornali? La gente mormora. Cosima non troverà mai da sposarsi cristianamente: e anche le sorelle ne risentiranno, perché in famiglia tutto sta a sposar bene la primogenita. È vero che... — ag-