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viii introduzione


messo in carta il principio di queste sue pagine di memorie trovate nel cassetto senza titolo. Pertanto risulta che dal maggio 1936 smise di attendere a lavori di lunga lena e che scrisse solo qualche breve novella per il Corriere della Sera.

Mancata in Roma il 15 agosto del 1936, il direttore della Nuova Antologia, rivista che ebbe la Deledda fedele collaboratrice fin dal 1898, s’informò delle carte che la compianta scrittrice avesse lasciato: e i famigliari di buon grado sottoposero al suo esame le cartelle di quest’unico manoscritto rimasto, di 277 cartelle vergate di corrente e pulita scrittura, con pochissimi pentimenti e correzioni. Tale opera, mancante del titolo e della parola «fine», vide la luce in tre fascicoli della gloriosa rivista, dal 16 settembre al 16 ottobre. La prima puntata, per insinuar subito ai lettori il singolare carattere del racconto, fu intitolata: Cosima, quasi Grazia; le puntate successive apparvero col semplice titolo di Cosima.

Non c’è dubbio che si tratti di quelle «memorie autobiografiche» alle quali gli ultimi anni si diceva che la Deledda andasse lavorando, portate avanti fin quasi alla vigilia del matrimonio e del conseguente trasferimento dall’isola natia alla Capitale, dove poi visse 3 primi trentasei anni del secolo.

Così com’è, l’opera non dà impressione di lacuna di sorta e si conchiude al tempo in cui l’animosa artista, in procinto di sistemare altrimenti la propria esistenza, sta per dar vita, una dopo l’altra, alle sue creazioni più vitali e più belle. Anche se la Deledda, come del resto è ben probabile, aveva pensato di produrre il racconto della sua vita oltre i termini in cui l’ha troncato l’ingrato destino, noi lo possiamo considerare e accettare come un quadro di taglio perfettamente compiuto.