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116 grazia deledda


E poi la vita quotidiana incalzava, i giorni si facevano scuri e arcigni come per un inverno che doveva durare a lungo. Una notte si sentì, nella casa, uno strano lamento, poi la voce di Andrea che cercava di convincere il fratello Santus a mettersi a letto e calmarsi; ma il disgraziato si dibatteva, gridando che sotto il suo letto c’era un uomo nero che voleva strangolarlo; poi toccava le pareti urlando che erano piene di tarantole e di scolopendre.

In un attimo la madre, la serva e le ragazze furono in piedi, circondarono i due fratelli, si avvidero che Santus, pallido, tutto preso da un tremito convulso e con gli occhi grandi, metallici, allucinati, delirava. Ma era un delirio terribile il suo; peggiore del delirio di un moribondo o di un idrofobo: Andrea lo capiva. Un terrore mai prima conosciuto invase Cosima, come se davvero la casa fosse piena di uomini neri e abbominevoli nascosti e pronti ad ogni crudeltà, e le pareti brulicassero di rettili velenosi. La madre credette che Santus fosse invaso dallo spirito maligno, e pensò di mandare a chiamare uno dei preti di casa per esorcizzarlo. Ma Andrea sogghignava; riuscì a far ritornare a letto il fratello, e lo vegliò tutta la notte. Notte di angoscia indimenticabile, durante la quale Cosima conobbe un’altra pagina del libro terribile della vita. Invece del prete venne il dottore, il quale consigliò che Santus e Andrea, il quale si offrì di sor-