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110 grazia deledda


pa il foglio di condanna, e riprende i suoi lavori di ricamo, di cucina, le passeggiate con le sorelle, le gite confortevoli nelle belle campagne rallegrate dalla fastosa primavera. Ad una di queste gite presero parte anche le sorelle di Fortunio: anzi furono loro che portarono le provviste per fare una merenda sull’erba, accanto alla sorgente dell’acqua che scaturiva da una roccia alle falde del monte. E furono ore di schietta, innocente allegria; e Cosima poté anche, contemplando il tramonto sulle cime opposte della valle, sopra gli oliveti sognanti, mettere da parte i tenebrosi propositi di abbandonare i suoi sogni di poesia; la ferita si chiudeva, ed ella provava come una gioia di convalescenza, quando, a stendere un’ombra sulla luce del suo cuore, – la sola luce ch’ella sentiva di essere vera, limpida e dissetante come la sorgente della roccia, – apparve, sulla strada sovrastante, la figura di Fortunio. Al solito, pareva che egli fosse sopraggiunto per caso. Dall’alto del paracarri si affacciò e parlamentò con le sorelle, che lo invitavano ad avvicinarsi, a prender parte alla merenda, con un certo diritto, poiché la roba l’avevano portata loro: ma egli rifiutò, severo e triste, conscio, anche lui, del posto che gli spettava: affacciato al parapetto dello stradone in modo che la sua gamba storta non si vedesse, e risaltasse la bella testa con gli occhi e le vivide fresche labbra lucenti al riflesso del tramonto, guardava con tristezza lontano, e appoggiava la guan-