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108 | grazia deledda |
quasi monastici, alle fanciulle sognanti: ma era un po’ difficile identificare a chi la voce appassionata che rompeva il silenzio notturno coi suoi richiami d’amore, era diretta: poiché l’amatore, per lo più ostacolato nelle sue aspirazioni amorose, per crearsi una specie di impunità non si fermava, con la sua compagnia solo sotto le finestre dell’amata, ma sotto molte altre dove c’erano fanciulle: così che il suo sfogo poteva passare per quello di un dilettante di serenate, di uno spirito innamorato del suo universale sogno d’amore: o anche di un artista in esercizio di canto e di notturne melodie.
Cosima non si ingannò un istante quando una notte sentì, dapprima lontana, poi sempre più vicina e quasi tempestosa e tiepida, quasi palpabile, come appunto il levarsi del vento dalle lontananze del mare e poi dalla valle, nelle notti di marzo, il vento che porta dalle terre d’Oriente l’annunzio della primavera, la voce di Fortunio. Bisogna dirlo, era una voce potente, calda, un po’ raffreddata come quella di un vero tenore, – e anche su questa le sorelle di Fortunio contavano, sperando di far di lui un cantante; – ed egli sapeva scegliere, aggiustandole con anelli di sua invenzione, le poesie più adatte a penetrare come in sogno nel letto delle fanciulle, ad avvolgerle con ali d’angelo sempre più calde, sempre più strette, fino a tramutarsi in un abbraccio umano appassionato.
Cosima tenta di reagire: in fondo non è roman-