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sottratti al bilancio domestico: fu combinata una gita ad un orto di proprietà della famiglia, vicino alla casa del fotografo, e tutto, questa volta, riuscì bene: la testa di Cosima emergeva da un grande ventaglio di piume di struzzo nere, ch’ella aveva con arte aperto sul suo scarno petto; emergeva come da un’ala, che poteva anche avere un simbolo; e gli occhi avevano il loro languore orientale, un po’ esagerato, il viso tutto dolce, sornione, un po’ per volontà di lei, un po’ per abilità del fotografo intelligente, che aveva capito a modo suo di che si trattava. Aveva capito che quell’immagine era destinata a un amatore, a qualcuno che Cosima voleva attirare per passione, ma anche per arte: e questo primo innamorato lontano, ricco come un re e forse anche più potente, era il pubblico dei lettori, specialmente giovani, intelligenti e affini all’anima e alle fantasie di lei.

Il libro invece ebbe un successo femminile: lo lessero le fanciulle, e vi si ritrovarono, coi loro amori più libreschi che reali, coi loro convegni notturni immaginari, con le loro finte ali di struzzo che non possono volare. L’editore mandò cento copie del volume, per tutto compenso dell’opera: il valore non superava quello dell’olio e del vino rubati in cantina; e il grosso pacco piombò in casa come un bolide sconquassatore. La madre ne fu atterrita, la sera gli girò attorno con la diffidenza spaventata di un cane che vede un animale sconosciuto: per