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paesi più lontani della penisola. Arrivavano anche nella casa di Cosima; erano giornali per ragazzi, riviste agili e bene figurate, giornali di varietà e di moda. Sicuro, l’Ultima Moda, coi suoi figurini di donna dall’alta pettinatura imbottita, la vita sottile e il paniere prominente, l’ombrellino grande a merletti come quello del Santissimo Sacramento, e i ventagli di piume simili a quelli del Sultano, era la gioia, il tormento, la corruzione delle ragazze. Nelle ultime pagine c’era sempre una novella, scritta bene, spesso con una grande firma: non solo, ma il direttore del giornale era un uomo di gusto, un poeta, un letterato a quei tempi notissimo, della schiera scampata al naufragio del Sommaruga e rifugiatasi in parte nella barcaccia dell’editore Perino.

E dunque alla nostra Cosima salta nella testa chiusa ma ardita di mandare una novella al giornale di mode, con una letterina piena di graziose esibizioni, come, per esempio, la sommaria pittura della sua vita, del suo ambiente, delle sue aspirazioni, e sopra tutto con forti e prodi promesse per il suo avvenire letterario. E forse, più che la composizione letteraria, dove del resto si raccontava di una fanciulla quasi simile a lei, fu questa prima epistola ad aprirle il cuore del buon poeta che presiedeva al mondo femminile artificiosetto del giornale di mode, e con il cuore di lui le porte della fama. Fama che come una bella me-