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anni passarono ed io non pensavo a fargli del male. Egli mi mandava a dire: «Presentati, io ti servirò da buon testimonio e ti assolveranno: abbiamo giurato tutti di vivere in pace». Ma io avevo giurato di morire nel bosco piuttosto che provare i ferri. Bene, fra pochi mesi saran trentanni ch’io batto il bosco e sarò libero, allora avrò diritto a tornare in paese. Ma il cuore è cuore, ed io spesso pensavo alle mie figlie, e quatto quatto come la donnola che si allunga sotto le pietre tornavo qualche volta in paese. I carabinieri non mi conoscevano e nessuno dei miei compaesani poteva tradirmi. Ebbene, una volta Remundu Corbu venne a cercarmi in campagna, e mi fece camminare con lui, mi fece passare dove voleva lui e arrivati su un’altura mi strinse la mano e mi lasciò. Aveva fatto la parte di Giuda: due carabinieri, di quelli che ancora non mi conoscevano, sbucarono da una macchia e mi rincorsero. Ma le mie gambe erano agili, figlio caro, ed io corsi come il cane, corsi tanto che quando arrivai al punto ove nessuno più poteva vedermi mi tolsi dalle spalle la «tasca» e vidi il mio pane di nuovo ridotto in farina.1 Tanto avevo corso, figlio caro!... Allora decisi di uccidere Remundu, di ucciderlo in piazza o in chiesa, in un luogo pubblico infine, per sua vergogna. Era di questi tempi, il Venerdì Santo. Tornai in paese verso sera e andai in chiesa sicuro di trovare il mio nemico. Si celebravano i sacri Misteri, la morte e passione di Nostro Signore, e la folla era tale che io dovetti stare alcun tempo nell’ingresso tra la gente che si accalcava per entrare. Alcuni uomini mi riconobbero, ma sorridevano e mi si stringevano attorno come per nascondermi e di-

  1. Pane biscotto che si sgretola facilmente.