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presi a nolo un cavallo e rifeci la strada percorsa la prima volta con mio padre.

Era un pomeriggio d’aprile. In fondo alla valle già coperta d’erbe e di fiori una striscia violacea di puleggio fiorito accompagnava la striscia argentea del ruscello; sullo roccie cresceva il musco novello e da ogni cespuglio, da ogni pietra pareva salisse un soffio profumato. Il canto degli uccellini mi sembrava un grido di gioia affievolito nel silenzio del paesaggio, e mi sentivo così felice che mi pareva di formare una cosa stessa con la natura. Anche il mio cuore fioriva e la mia fronte era luminosa come il cielo.

A metà strada non potei resistere al desiderio di smontare e di sdraiarmi sull’erba.

Anche il cavallino al quale tolsi il freno perchè brucasse un po’ d’erba si scosse tutto, guardò il sole calante e nitrì come per annunziare ai puledri che pascolavano in lontananza che anch’esso almeno per un momento era libero.

Libero! Anch’io, almeno per un momento, ero libero! Mi tolsi le scarpe, mi sdraiai sull’erba: il sole cadeva già senza raggi sul cielo argenteo; il vento soffiò da occidente, dapprima lieve, poi sempre più forte, e l’erba ondulò argentea quasi volesse sfuggire spaurita mentre i cespugli si curvavano con un lieve fruscìo che sembrava un gemito di piacere.

Io guardavo il sole, mi volgevo, guardavo il mare lontano e mi sentivo felice.

— Ecco, — pensavo, — adesso cominciano le funzioni religiose in chiesa, Columba si veste per andarci, e anche il nonno prende il suo bastone e va.

A un tratto mi parve di veder la chiesa semibuia, di sentire l’odore dell’incenso, la voce del prete. Il sole era tramontato; cadeva già la notte. Come ero giunto al paese? Mi scossi e mi