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del mio, ma speravo di vincere almeno il secondo, almeno il terzo premio. Era necessario; bisognava che portassi a casa almeno cinque lire. Finalmente un uomo ci dispose in fila e battè le mani. I cavalli partirono come freccie fra nuvole di polvere e ben presto io, che fin dal principio m’ero trovato fra gli ultimi, mi vidi solo, curvo sulla criniera umida del cavallo ansante, — solo, ultimo, votato allo scherno della folla.

Vinto da un angoscia profonda cominciai a urlare per aizzare il mio cavallo; ma gli altri correvano sempre avanti ed io avevo l’impressione che si inseguissero e scappassero l’uno dopo l’altro pazzi di terrore e di rabbia.

Ma il più folle era il mio, ed io quasi del tutto disteso sulla sua groppa ardente più che guidarlo mi lasciavo trasportare da lui. Allo svolto sopra la fontana il cavallo che precedeva il mio inciampò e rallentò la corsa: in un attimo lo raggiunsi, lo sorpassai e il coraggio mi ritornò. Mi sollevai urlando: il cavallo come preso da un impeto di gioia nitrì e raddoppiò di velocità. Ecco sorpassato un altro cavallo, poi un altro ancora.... Mi pareva un sogno. Prima di arrivare all’abbeveratoio, dove già la folla guardava e gridava, raggiunsi e sorpassai gli altri cavalli. Il cuore mi batteva violentemente; vedevo tutto intorno grandi macchie rosse e sentivo come un ronzìo di api.

La gioia mi dava le vertigini. Non pensavo più a niente, nè al premio nè alla matrigna; solo, all’improvviso, sentii una voce che mi fece tremare: — Bravo, Onorou, bravo!

Ma alla voce del padrone il cavallo sussultò e si scosse violentemente come per liberarsi del mio peso, ed io precipitai sulla polvere come un sasso buttato dall’alto.... La polvere mi parve