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buon tratto di strada: l’Arras parlò poi col prefetto, e alcuni uomini del corteo, tra cui il vecchio dello stendardo, furono chiamati a discutere.
Si formò un gruppo e l’Arras parlò. Era eccitato e chiamò una finzione la cerimonia.
Domandava che si desse libertà a tutti i latitanti e si stabilissero pene gravi a chi prima rompeva l’accordo.
Il vescovo sbuffava, il prefetto sorrideva e col manico del frustino batteva lievemente una spalla dell’Arras. Ma il latitante era serio e tragico. A un tratto tutti cominciarono a gridare discutendo; molti del corteo che erano andati avanti tornarono indietro e s’unirono al gruppo.
Dall’alto del suo cavallo bajo zio Remundu Corbu taceva guardando con un certo disprezzo la scena. Alla fine l’Arras spronò il suo cavallo e se ne andò senz’aver concluso nulla, e tutti gli diedero torto. Si riprese il viaggio, e il vescovo e il prefetto stettero quasi sempre a parlare con zio Remundu Corbu.
Alto e rigido sul suo cavallo egli destava in me una grande ammirazione; mi sembrava più maestoso e terribile del vescovo e del prefetto. E veramente egli è ancora un uomo imponente, dritto, dagli occhi d’un nero verdognolo brillanti e minacciosi. La pelle del suo viso dal profilo ebreo ricorda la scorza delle quercie ed anche la folta capigliatura grigia e la lunga barba a ciocche nere e giallastre hanno qualcosa di vegetale.
Egli era stato lunghi anni latitante e molte accuse gravavano su di lui; era temuto e rispettato per questo.
Finalmente arrivammo alla chiesetta della Madonna del Buon Consiglio che sorge a metà stra-