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segno di vita, luce lontana che illuminava ancora l’abisso nero entro cui egli si sentiva disteso con le membra rotte come uno che è caduto dall’alto.
Nei giorni seguenti qualcuno battè ancora alla porta del cortile.
— È la serva del parroco, — diceva Pretu sottovoce, dopo aver spiato dalla fessura: oppure: — è zia Giuseppa Fiore; è Margherita con un involto sotto la gonna.
— Non aprire.
E le visite se ne andavano e non tornavano. Pretu raccontava:
— Sentite, zio Jò, in casa di Dionisio Farranca ieri dicevano che è stato il dottore a farvi chiudere la porta perchè avete un male che attacca. Dicevano: Dio lo castiga bene quel superbone. E a mia madre dicevano: perchè lasci andare tuo figlio? Ma mia madre rispose: finora Pretu mio è stato bene e le sette lire che Jorgeddu gli dà ogni mese sono per me come sette oncie d’oro...
Anche il dottore, visto che il malato non peggiorava e non migliorava, diradò le sue visite. Un giorno Pretu disse:
— Mia madre è stata ad infornare il pane da zia Giuseppa Fiore: e là dicevano che il Commissario verrà a farvi visita. Ma egli passeggia sempre col prete e forse questo gli dirà di non venire perchè voi lo caccerete via come gli altri....
Infatti il Commissario non si lasciò vedere: a poco a poco il malato si abituò alla sua solitudine e non attese più che qualcuno battesse timidamente alla porta e che il servetto spiando dalla fessura mormorasse:
— È Columba!
Ella non sarebbe venuta più; ma egli non voleva morire come un condannato innocente, por-