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— Nulla.
— Se t’ha detto qualche cosa dimmelo: non ti sgriderò.
— No, vi giuro, nulla. Solo mi guardava. Volete che mi faccia dire qualche cosa da lei?
— No, nulla! Guardati bene dall’avvicinarti a lei. Pretu: tanto io verrei a saperlo lo stesso.
E siccome il ragazzo tornava a sorridere conmalizia, egli aggiunse:
— Io sento tutto, anche quello che dicono in piazza, anche quello che dicono nelle case. Il vento mi porta le notizie di tutto il paese, ed io posso dirti anche quello che tu non sai....
— Allora siete uno stregone; sì, ma io non ho paura di voi, ecco, — rispose Pretu traendo dal seno una medaglia antica che sua madre gli aveva appeso al collo fin da bambino per preservarlo dalle stregonerie.
La giornata passo così, fra chiacchiere puerili. Nel pomeriggio il malato si sentiva già meglio, per effetto della medicina e perchè nessuno era andato a battere alla sua porta.
Dopo aver dormicchiato come al solito prese il suo libriccino e lesse: poi ad un tratto diventò pensieroso. Fece ricercare da Pretu un taccuino che stava in fondo alla cassa, ne staccò qualche foglietto già scritto, e col pollice fece scorrere a lungo distrattamente gli angoli dei molti foglietti ancora vergini.
Vedendolo tranquillo Pretu andò via e ritornò verso il tramonto.
Giorgio scriveva sul taccuino appoggiato ad un libro sull’orlo del letto, e il ragazzo si meravigliò di trovarlo in una posizione insolita, con la testa molto reclinata sul cuscino.
— Non state male così? Non vi gira la testa? Zio Jò, cosa fate?
Ma il malato, che aveva messo il calamaio sul