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vecchia giumenta frustata. Il cuore le batteva di rabbia e di vergogna; sì, vergogna di esser ancora viva in questi tristi tempi di transazioni e di viltà.
Ah, il vecchio sparviero voleva far pace con l’uccellino che aveva dapprima acciecato e mezzo divorato? E Jorgj Nieddu, fiero con gli amici e i benefattori, accettava la visita del suo carnefice? Tempi da agnelli e da lucertole! Ebbene, che i vili se ne stiano coi vili; l’aquila non cesserà per questo di esser aquila. E la vecchia tornò a sedersi sul suo «patiu», come un’antica abitatrice dei «nuraghes», insensibile ai canti della notte serena, pieno il cuore di ricordi d’odio e di grandiosi progetti di vendetta.
VII.
Veduto Pretu allontanarsi e credendo che per quella sera non tornasse più, il nonno aveva atteso che le donnicciuole andassero alla sorgente e a cogliere l’alloro; s’era poscia alzato per avviarsi alla stamberga di Jorgj.
Era calmo e sapeva quel che faceva. Si meravigliava anzi di non averlo fatto prima: tuttavia, entrato nel cortiletto si fermò e parve specchiarsi nella sua ombra, accomodandosi bene sul capo la berretta e cambiando il bastone da una mano all’altra: infine s’avanzò risoluto, picchiò lievemente alla porta socchiusa ed entrò.
Jorgj rileggeva la lettera di Mariana, e fu attraverso un’atmosfera di sogno che vide la figura scura del vecchio avanzarsi fino al lettuccio. Anche lui non si meravigliò (aspettava da