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ratico di San Giovanni annodando e snodando sette volte le cocche d’un fazzoletto. Il nonno seduto sullo scalino col bastone fra le gambe guardava e taceva. Quando vide uscire Pretu lo seguì con lo sguardo, poi abbassò la testa, cosa che non gli accadeva mai, fino ad appoggiarla alle mani ferme sul pomo del bastone. Così parve addormentarsi.

Pretu balzava su per la scalinata del Municipio come un piccolo muflone; nella piazza raggiunse il prete che se ne tornava a casa nero e lieve come un’ombra, gli baciò la mano, vide zia Giuseppa e Lia sedute sul «patiu» intente anch’esse a chiacchierare con altre donne.

Parlavano di Margherita e Lia diceva con malizia:

— L’ho veduta poco fa a passare qui dietro; forse andava da Martina Appeddu per qualche medicamento.... Ah, ecco Preteddu che forse anche lui va da Martina. Pretu, animalino, senti qui, vieni....

Ma il ragazzo aveva fretta, e non si sarebbe fermato se anche zia Giuseppa non l’avesse chiamato con la sua voce imperiosa.

— Pretu! Non torni più, stasera, dal tuo padrone? Ripassa di qui, che devo darti una cosa per lui.

Egli promise e riprese a correre. La luna ancora bassa sopra i monti al di là della vallata illuminava la piazza con un chiarore dorato di lume lontano; metà della valle rimaneva oscura mentre l’altra metà era tutta argentea, e d’argento azzurrognolo parevano le montagne spiegate come grandi ale al di qua e al di là dell’Orthobene coperto d’ombra.

Pretu ridiscese un viottolo, dall’altro lato della piazza, s’inoltrò in una specie di sobborgo ove viveva la parte più misera della popolazio-