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commentavano continuamente il fatto e le più povere dicevano:

— Remundu Cò! dovevi sparpagliarle qui le tue monete, non darle al Santo che è più ricco di noi! Perchè hai fatto questo?

Ma le altre protestavano perchè non bisogna scherzare così con San Francesco.

Anche Banna non approvava il sacrificio del nonno; ma egli non si pentiva, e se di giorno in giorno rimandava la sua visita a Jorgj non era per disobbedire al Santo, ma perchè un puerile senso di soggezione glielo impediva. Egli aveva quasi paura di presentarsi a Jorgj Nieddu: come entrare, che cosa dirgli? E avrebbe il superbo ragazzo capito il sentimento che guidava il vecchio?

«Egli crederà che io vada là, adesso che Columba è lontana, perchè non ho più nulla a temere da lui. Egli si riderà di me, come un tempo.... Invece il mio cuore è mutato; s’è rammollito come il frutto maturo....»

Ma questa sua incertezza lo rendeva inquieto, lo umiliava ai suoi occhi stessi. Come poteva aver soggezione d’un povero ragazzo impotente, di cui egli medesimo aveva fiaccato l’orgoglio? Pensandoci bene talvolta s’arrabbiava, e se la prendeva con Simona la vecchia serva che Banna gli aveva messo in casa.

Simona era taciturna quasi quanto la giovine padrona che se n’era andata, ma non altrettanto alacre e svelta; non sempre la casa era in ordine, e ogni volta che zio Remundu tornava dall’ovile lo si sentiva strillare come un’aquila.

La serva taceva, ma si sfogava poi con Pretu il suo piccolo collega....

— Il vecchio non è contento, perciò lo compatisco. Domenica scorsa è andato a Tibi ed è ritornato col muso come un vampiro. Sì, così