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Discussero ancora ma il prete non trovava giusta l’idea di Jorgj.

— Se la scoperta del vero colpevole ha da portare un gran dolore a Columba, meglio prima che dopo il matrimonio: parrebbe che noi vogliamo renderci strumenti del suo castigo, e questo noi non dobbiamo volere.

— Ebbene, allora io mi rimetto a lei, prete Defraja, — disse Jorgj stanco. — Ma che Columba non torni più qui. Io la conosco: essa oramai è spinta dalla gelosia e dal rimorso: si tormenterà, inutilmente, inutilmente! Perchè può risorgere un morto dalla sua tomba, non un amore che è stato spento dall’odio e.... seguito da un altro amore!...

Allora il prete se ne andò di nuovo fino alla piazza della chiesa, e cominciò a passeggiare su e giù inquieto e perplesso. Di tanto in tanto tossiva, fermandosi come richiamato da un ricordo improvviso. Anche le pagine sbiadite della sua vita racchiudevano un episodio romantico: una donna lo aveva amato, lo aveva tradito, poi era tornata a lui quando un amore più grande di tutte le passioni umane unite assieme, l’amore di Dio, lo aveva già liberato dal piccolo amore terreno. Ma se l’anima è forte il corpo è fragile; e per sfuggire alle persecuzioni della donna egli era partito rifugiandosi sulla montagna come un eremita.

Ma il disgraziato Jorgj non poteva fuggire: come aiutarlo?

Fra Jorgj e Columba l’anima del prete esitava; egli sentiva pietà d’entrambi, ma la bilancia pendeva dal lato di Jorgj. Finalmente, dopo lunghe esitazioni e discussioni con sè stesso, decise di favorire l’amico.