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silenzio, — anche i cani e i galli tacevano. — si sentiva la voce di Columba ma lontana, dal portico, e solo si distingueva qualche parola; a un tratto però la voce del nonno tonò in cucina, così forte che Pretu si scostò di là spaventato.
— Tu sei pazza, nipote mia; che sogni hai fatto stanotte?
La voce di Columba brontolava laggiù; spinto da un’ispirazione felice Pretu rientrò nel cortile e s’arrampicò sul muro, a costo di esser veduto dalla ragazza. Ah, di lassù si sentiva bene: sporgendo un po’ la testa egli poteva anche veder Columba che rimetteva in ordine alcuni oggetti e attaccava ai piuoli la sella, il freno, le bisacce. Il vecchio cavallo del nonno ruminava l’erba, insensibile alle vicende dei suoi padroni.
— Sì, brutti sogni ho fatto! — ella disse; e tacque; poi riprese più forte: — tutta la mia vita è un brutto sogno! Bella Pasqua di rose sarà la mia: rose piene di spine velenose.... Voi l’avete voluto.... Voi.... Voi.....Voi....
La sua voce rauca vibrava di dolore più che di collera, e il nonno dovette commuoversi perchè tornò a uscire nel portico e disse con tristezza ma anche con una certa solennità:
— Columbè, nipote mia! L’avevo detto già che non bisognava lasciarti sola! Il demonio ti accerchia, quando sei sola! ed è una brutta compagnia, quella! Chi è venuto da te? Cosa ti hanno raccontato?
— Nulla mi hanno raccontato. Volete sentirlo? Ho veduto io con questi occhi.... sì, sì... fate quel che volete, non vi temo più, babbu Corbu! L’ho veduto io quel disgraziato; è piccolo piccolo, come un bambino paralitico; è dentro la sua tomba come un agnellino ferito.... E voi gridate? Oh, gridate pure, come l’avvoltojo dopo