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una cerva ferita; a che servono le sue gambe se essa non può correre? Ma la donna è paziente, figliuolino mio; essa non muore di crepacuore perchè aspetta, perchè crede nel giorno della giustizia; e Giuseppa Fiore è una donna! Tu mi capisci....

— Vi capisco, sì! — egli disse spalancando gli occhi luminosi di sdegno. — Voi non siete venuta qui per carità; siete venuta per odio. Andatevene!

Ella capì che per il momento non doveva insistere. Gli mise una mano sul capo, mentre con l’altra frugava nella sua saccoccia curvandosi sul fianco per cercar meglio, e riprese con voce dolce:

— Non adirarti; ti farà male.... Io non odio nessuno; ma desidero che venga fatta giustizia. Ma tu non sdegnarti, anima mia, sta tranquillo, cerca di curarti. Hai bisogno di nulla?

Trasse di tasca una moneta di argento e cercò di metterla sotto il guanciale; ma Jorgj se ne avvide e respinse la mano di lei.

— Non voglio nulla! per carità, lasciatemi in pace.... Andatevene!

La vecchia si alzò e rimise in tasca la moneta.

— Tu fai male a ricevere così la gente, Jorgeddu mio! Tu che perdoni ai tuoi nemici dovresti almeno accoglier bene gli amici!

— Amici! — egli disse con fiera, tristezza. — Da tre giorni che son qui, nessuno è venuto a portarmi una parola di amore. La primi a ricordarsi di me siete voi; voi.... ma spinta dal vostro odio!... Basta.... neppure nel sepolcro mi lasciate in pace....

Il suo viso si contrasse come ad un sorriso amaro e uno scoppio di pianto infantile agitò il suo povero corpo ischeletrito.

La vecchia era intelligente: capì che nulla poteva confortare tanto dolore, e una pietà selvag-