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— Questa donna ha ragione!

Jorgj sussultò, riaprì gli occhi, rivide Mariana tutta bianca seduta sulla cassa nera, e nello sfondo della porticina il ciclo argenteo solcato di nuvole azzurre.

Ella rideva curvando il capo fino a coprirsi le ginocchia con le falde del cappello, e agitava i bei piedini eleganti. Come era allegra! Era la personificazione stessa della gioia e della giovinezza; gli adolescenti del suo villaggio avevano ben ragione di correrle dietro affascinati. Ed egli, egli era là, come una foglia caduta dal grande albero della vita e che piano piano marcisce e ritorna alla terra muta: più nulla per lui; nè riflessi di sole nè fremiti di vento: solo, di tanto in tanto, l’eco della vita lontana, l’ombra delle nuvole, il grido funebre dei corvi che ella odiava. Perchè era venuta? Egli era più felice prima, quando ancora non lo conosceva.

— Lei non viene, signorina? L’accompagno. — disse finalmente il dottore ricordando che doveva andarsene.

Ma ella rimase. Appena il dottore fu uscito si riavvicinò al letto e si curvò sul malato che la guardava con occhi pieni di tristezza.

— Povero signor Giorgio! L’abbiamo stancato, vero? Che tipo, quel dottore...

— E matto da legare! È innamorato della sua serva e fa il grazioso anche con le altre!...

Mariana ricominciò a ridere; una foglia delle roselline del suo cappello cadde sul viso di Jorgj. Quando ella mormorò riprendendo dal guanciale la fogliolina:

— Domani ritornerò.... se non le dò noia, — egli riprese a singhiozzare e a dire:

— Sempre, sempre.... quando vuole.... Ormai lei è tutto.... tutta la mia vita!...