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— Tutto, ho fatto! Sono stato tre mesi all’ospedale.... Per me non c’è rimedio!
Tutti i malati dicono così! Bisognerebbe che lei andasse in una buona clinica, in continente....
Ma egli fece un gesto di spavento.
— No, no, signorina! Sono ritornato qui per morire e qui voglio morire!
Ma che dice! ella gridò con impazienza.
Egli sollevò gli occhi e la guardò arrossendo; poi disse in fretta:
— Non soffro molto; se sto immobile non sento alcun dolore, e neanche se mi muovo: solo una gran vertigine, che mi esaurisce e mi fa svenire. Ma non parliamo di questo, adesso. Io sono contento; sono felice.... Lei non ci crede, vero?
Ella era diventata pensierosa. Che credesse o no alla felicità di lui non traspariva dal suo volto serio; sembrava piuttosto preoccupata da un altro pensiero.
Senta, e questo dottore dunque cosa dice? Nella sua lettera lei mi scrisse che da bambino era stato malato....
— Sì, sono caduto da cavallo.
— E dopo?
— E dopo sono stato sempre sensibilissimo. All’ospedale i medici parlavano di atonia di nervi e di paralisi parziale, conseguenza di quel malanno infantile; il nostro dottore dice invece che è una forma di nevrastenia acuta, causata da dispiaceri e da affanni.... E forse ha ragione: i dolori mi hanno abbattuto; ero così sensibile.... così.... così.... come una foglia d’erba che ad ogni soffio si curva.... Anche adesso, veda, tremo tutto.... Perchè lei è qui! Tremo eppure sono contento.... Mi perdoni, signorina! Io sono così.... così contento....