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— Ma di chi parli, castigato?1 Dico, la persona che manda i regali.
— Io non lo so, zia mia! — egli disse, lanciando in alto l’arancia e riprendendola nel cavo delle mani.
— Da’ retta a me, lascia l’arancia: credi tu che egli lo sappia?
— Chi, ziu Jorgj? Eh, certo, lui lo saprà!
— Ma sopra la lettera che tu hai portato al vetturale cosa c’era scritto?
— Non c’era scritto nulla! Si vede che quel diavolo sa tutto.
— Credi tu che sia la sorella del Commissario? Lui, ne parla?
— Sì, lui domanda sempre come è fatta questa ragazza. Io l’ho veduta anche oggi, su in piazza, che passeggiava col prete e col Segretario; sì, è bella. Mi ha anche sorriso.
— Credi tu che sia lei?
— Io non lo so, zia mia! Può darsi, — rispose Pretu dando un morso alla buccia dell’arancia. — Una donna è, quella che manda i regali, lui stesso, zio Jorgj, lo dice. Ho sentito che diceva al dottore: «se essa venisse mi pare che potrei alzarmi!» E quel matto del dottore rispondeva: «sicuro, sicuro!» Sarebbe una cosa curiosa!
Columba coi gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate, si morsicava le nocche delle dita. Dopo un momento di esitazione domandò:
— E di noi parla ancora?
— Chi, zio Jorgj? Mai.
— Dimmi la verità, idiota; se no guai a te....
— Vi giuro che non ne parla! Io spesso gli dico: Columba, quella che dovevate sposar voi, spezza le mandorle per fare i dolci dello sposalizio: e lui zitto. Prima qualche volta ne parlava; adesso più....
- ↑ Idiota.