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ella cercava, cercava così come un topo affamato, con la speranza di ritrovare in qualche posto il tesoro sparito; sapeva che non lo avrebbe trovato, eppure si ostinava nella ricerca, spinta da un’idea fissa che rasentava la monomania. Usciva dalle sue ricerche piena di polvere, di ragnatele e di ricordi. Ma le sembrava che quei ricordi fossero lontani, che si riferissero alla sua fanciullezza; adesso ella si sentiva vecchia decrepita.
Intanto il sole era tramontato; una striscia cremisi solcava il cielo verdognolo, sopra l’altipiano già quasi nero, e la luna nuova seguita da una stella brillante cadeva come un anello d’argento da cui si fosse staccata la perla.
S’udivano le donnicciuole ritornate dai campi coi loro tovagliuoli colmi di finocchiella e di ramolacci chiacchierare nella strada: qualcuna aveva già acceso il fuoco e il fumo saliva dai tetti rugginosi; altre avevano portato in regalo a Banna una parte della loro raccolta, ricevendo in cambio l’olio per il condimento. Da Columba non osavano andare perchè ella le accoglieva male.
Anche lei accese il fuoco e andò a prendere il pane nella dispensa a pian terreno. Un finestrino munito d’inferriata dava luce alla stanza vasta e nera; sacchi di frumento e d’orzo, cestini di fagiuoli e di pomi di terra, vasi d’olio, centinaia di pezze di formaggio nerastre e grigie la ingombravano: dal soffitto pendevano grappoli di formaggelle giallognole e vesciche di strutto bianche come palle di neve. Entro la tinozza della salamoia galleggiavano nell’acqua che pareva coperta di squame di pesce alcune forme di cacio fresco; altro bianche e dure come il marmo stavano su un tavolo strette fra due ceppi. Nonostante le sue preoccupazioni, Colum-