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sua storia, so che una donna ch’egli amava lo ha calunniato e che perciò egli s’è ammalato di crepacuore».
Columba si morsicava le labbra per non parlare, ma sul suo viso diventato livido gli occhi scintillavano rivelando il suo sdegno.
— Se c’ero io a casa avrei detto poche parole alla sorella del Commissario, — riprese zia Martina, deponendo la tazza per terra, — le avrei detto: «Lei si chiama donna Mariana, vero? Ebbene, donna Mariana, lei è venuta in questo paese per divertirsi, e si diverta dunque, ma non ascolti le storie di Giuseppa Fiore, e prima di parlar di Columba Corbu la vada a guardare in faccia come si guarda il cielo per vedere che tempo fa». Ma io non ero in casa, ti dico, colomba mia, e Simona è un’anima buona e non sa parlare. Solo disse: «Tutta questa roba è appunto di Columba Corbu, è il suo costume da sposa». Allora la ragazza straniera esclamò: «E come mai, dopo aver rovinato un uomo che la amava, ella si può sposare così a cuore allegro?»
Columba balzò in piedi gridando:
— Maledetta sia! Perchè non si ficca nei fatti suoi? Io.... io....
Tacque all’improvviso perchè la figura alta e proterva di sua sorella apparve sulla porta. Banna era vestita a festa perchè tornava da fare una visita e teneva le mani entro le spaccature orlate di velluto della gonna, il cui telo di davanti formava come un piccolo grembiale.
— Siete qui, buona lana? — domandò a zia Martina. Sul suo viso scuro i denti forti e bianchi e gli occhi verdognoli scintillavano. — Avete portato la roba?
— L’ho portata.
Columba s’accorse che Banna benchè sorriden-