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— Bada di non ricorrere un giorno o l’altro a questi incantesimi! Allora vedrai che cosa sono. Tua madre, beata, non la pensava così!
— Sì, mi ricordo: ella veniva da voi. E che avete fatto per lei? Nulla!
— Perchè è andata dal dottore! Sono i dottori che ammazzano la gente coi loro veleni. Sì, sì, lo dico a voce alta, — aggiunse sottovoce, — tutte le medicine hanno il veleno, hanno la testa di morto sopra. Negli antichi tempi la gente si curava con le erbe, coi suffumigi, con 1e acque e le preghiere.
— Eppure morivano, zia Martì!
— Morivano di vecchiaia! Quanti anni aveva Noè? E Giacobbe, ed Elia? Dillo tu, se lo sai. Arrivavano fino ai novecento anni. E dottori non ce n’erano. E certe malattie, inventate da loro, non si conoscevano, o si conoscevano col loro vero nome e si curavano; per esempio, la malattia di quello là.... chi la conosceva?
Con un movimento del capo accennò fuor della veranda verso la casa di Jorgj, e Columba, che continuava ad esaminare i vestiti, sollevò di nuovo gli occhi foschi, ma non rispose.
— Dunque, colomba mia, non sei contenta di questa roba? Non star lì misura e misura. Sai già che ti sta a pennello; sembrerai una immagine dipinta. Parlami adesso di Zuampredu Cannas. Non hai paura di andare ad abitare in un paese straniero?
— Come può esser straniero se là c’è la mia casa?
— E che casa! Ho sentito raccontare che bisogna segnarsi, entrando, tanto è bella. Ma bada che ti cade la camicia, colomba mia d’oro; non lasciar cader nulla: è cattivo augurio. E Remundu Corbu dov’è? Gli dispiacerà lasciarti partire; ma egli è veramente un’aquila e non striderà cer-