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amava davvero avrebbe vinto le male arti dei suoi; se non mi amava era inutile combattere.

Ritornai verso casa, andai a trovarla. Mi invitarono a cena, poi il vecchio sedette sugli scalini della porta e le donne e i ragazzi gli si riunirono attorno. Columba era pensierosa, ma mi disse che si preoccupava per la vecchia serva sempre malata; infatti questa morì qualche giorno dopo e Columba non volle sostituirla.

Quando il vecchio andava in campagna ella rimaneva sola nella grande casa silenziosa; ma se io andavo a trovarla, Banna ci raggiungeva subito, e d’altronde io sentivo che anche rimanendo soli mai più fra me e Columba si sarebbero rinnovate le scene idilliache dei bei tempi passati. Un’ombra era intorno a noi. Per orgoglio io non parlavo della lettera anonima; ma adesso era lei ad alludere a cose che io non riuscivo a capire.

Un giorno qualche mio compaesano cominciò a domandarmi come passavo il tempo in città, e le donnicciuole mi guardarono con diffidenza. Io pensavo sempre alla lettera anonima; qualcuno doveva aver sparso voci calunniose sul mio conto, ed io mi domandavo che cosa avevo fatto per giustificare la mia cattiva fama. La mia vita di studente povero era incolore e monotona: io vivevo di sogni e non ricordavo di aver commesso mai una cattiva azione.

I miei compagni si burlavano di me per le mie fantasticherie, per la mia vita casta e ritirata: eppure una mia vicina di casa mi domandò se era vero che avevo bastonato un prete e un’altra mi diede buoni consigli:

— Hai venduto la tua terra: adesso non vendere anche la casa, chè i denari portano sempre al vizio!

Io mi irritavo contro questa piccola gente, poi