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86 | la porta chiusa |
dall’enorme treccia nera. Solo gli occhi erano un po’ velati e foschi, come affumicati.
Il fidanzato la baciò e le sentì sulle labbra un odore d’acqua di cedro che non gli dispiacque. La balia vigilava.
Le nozze furon celebrate la domenica mattina, nel santuario riaperto per l’occasione. Nel pomeriggio del lunedì gli sposi furon lasciati in pace: cessarono le continue visite di amici e parenti, e lo sposo ne profittò per andar a far una passeggiata nello stradale. Egli conservava ancora un po’ l’aspetto del vedovo: pensieroso e taciturno; ma in fondo era contento. «Manuelina, pensava, non sarà certo una signora brillante; è goffa ed è diventata anche un po’ strana, con quegli occhi come coperti da un velo nero; ma farà buona compagnia ai bambini, ed è questo che importa.»
Al ritorno trovò la casa chiusa; picchiò, ma nessuno aprì. Allora fece il giro della casa ed entrò per il santuario; ma anche la porticina era chiusa esternamente. Stava per tornar ancora indietro quando gli parve di sentir la voce di sua moglie nel cortile.
— Apri, Manuelina.
Manuelina stava seduta sugli scalini. S’alzò immediatamente ed aprì: poi indietreggiò tentennando, stringendo qualche cosa nel pugno: i suoi occhi erano lucenti ma d’una luce che al suo sposo parve di febbre o di follia. Occhi che egli ben conosceva: quanti ne aveva visti, di simili, dal suo trono di giudice protettore della società!