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la porta chiusa 77


nata fitto fitto dal collo fino al ventre, sembrava una bambina spaurita.

Quando vide la serva trasalì ma non si mosse: prese la lettera e la mise sul tavolino da notte, sotto un candelabro d’ottone.

— Perchè non la legge? — domandò sottovoce il dottore. Ma la fidanzata scosse il capo in segno di diniego: che importava quel messaggio di vita davanti allo spettacolo della morte?

Più tardi però si trovò un momento sola: la madre s’era assopita e stava un po’ meglio; nel silenzio crepuscolare arrivavano i gridi delle maschere, melanconici e gutturali, e pareva salissero dalle grotte della valle abitate ancora, secondo la tradizione popolare, da giganti e da nani.

La fidanzata prese furtivamente la lettera e in punta di piedi s’avvicinò alla finestra.

La lettera era lunga, la più lunga che il poco espansivo fidanzato le avesse scritto dopo il suo trasferimento e la sua partenza dal villaggio; ma ella lesse solo qua e là, saltando le righe, correndo alla fine. Le parve di saltare davvero, giù di roccia in roccia negli abissi della valle: precipitò in fondo e le sue membra si sfracellarono; tuttavia continuò a sentire un muggito assordante, e un freddo e un terrore mortale l’irrigidirono.

Il fidanzato scriveva che non sarebbe arrivato più: ritirava la sua promessa di matrimonio.

Dopo il primo momento di terrore, Manuel-