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76 | la porta chiusa |
Pensieroso passò davanti al piccolo santuario, chiuso per la lite, esitò guardando la casa di donna Manuela. Casa e santuario guardavano quasi a picco sulla valle: erano due antiche costruzioni del tempo dei pisani, e dovevano aver appartenuto a un padrone solo, come donna Manuela pretendeva. Tutte le porte eran chiuse: solo il portone grande del cortile, ogni tanto si socchiudeva per lasciar passare un servo o una serva dall’aria spaventata.
Il portalettere ne fermò una al passaggio.
— Ebbene?
— Muore. Questione d’ore. Era troppo grassa.
— E donna Manuellita? E questa lettera? È del fidanzato....
— Dovevano sposarsi domenica, oggi otto. È tutto pronto; adesso non so....
La serva tornò indietro: attraversò il cortile selciato ed erboso, sopra il quale, nell’aria chiara e triste di febbraio passavano gracchiando i corvi violacei che salivan dalla valle, si fece il segno della croce sfiorando i due gradini di pietra della porticina dell’abside del santuario, e andò a consegnar la lettera.
Un prete, il dottore, alcune donne in costume stavano nella camera bassa e bianca della moribonda: enorme, sotto le coperte candide del suo letto di legno, col viso rossastro e gonfio contorto dalla paralisi, un fazzoletto nero intorno al capo, la vecchia prepotente pareva dormisse e nel sonno irridesse qualcuno. Accanto a lei donna Manuellita, piccola e cerea nella sua giacchettina nera stretta abbotto-