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la porta aperta 69


fama per colpa sua: qualche notte aveva dei sogni paurosi; il baule con le vesti di sua madre gli sembrava un cinghiale vivo, e fissava a lungo gli usci ricomprati con quel denaro.

Passò l’estate, ed in autunno egli cambiò posto, lungo il muro, cercando il sole: di là vedeva meglio Basìla, seduta anche lei al sole a filare o cucire, scalza e triste come una schiava.

L’inverno fu lungo e rigido. La povera gente soffriva la fame, e prete Barca e una dama che viveva nel vicinato mandavano pane e legumi a tutti i poveri tranne che alla vedova. Per Natale una donna presso la quale Simone si era più di una volta divagato, gli mandò in regalo una coscia di muflone. Egli aveva anche un porchetto e un agnello: e pensando che Basìla invece non aveva niente altro che patate, provò a mandarle la carne di muflone e con meraviglia vide che ella non respingeva il dono. Allora, per tutto il resto dell’inverno, preso da una vera mania di espiazione, continuò a mandarle regali, spesso privandosi persino di qualche cosa che gli era necessaria.

Ritornò la primavera: le donne fecero di nuovo germogliare il grano nei piattini, entro gli armadi, per ornare i sepolcri: la sera del venerdì santo Simone andò alla processione e al ritorno stette un bel po’ al solito posto, accanto al muro, nella sera tiepida piena di bisbigli. Dalla fessura della porticina