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62 la porta aperta


occhi verdognoli, stretta nelle sue vesti jeratiche come in una guaina nera, non mancava che un mazzo di spighe in mano per sembrare la seconda suocera di Booz. Simone trasalì nel vederla; trasalì per odio, poichè la donna era una specie di governante di prete Barca, e per l’improvvisa idea che in quel momento in casa dello zio non c’era nessuno: e come se ad un tratto si facesse notte, egli cominciò a veder cose e persone in confuso e camminò cauto lungo i muri, inciampando contro le pietre che ingombravano le straducole. Così arrivò davanti alla sua casa simile ad un avanzo di torre, e solamente allora gli sembrò che la luce gli si rifacesse attorno.

Entrò e poco dopo il suo viso riapparve alla finestruola del primo ed unico piano, meditabondo come il viso di un generale che dall’alto di una fortezza medita un piano di battaglia. Il campo di battaglia di Simone era il breve panorama che gli si stendeva sotto gli occhi, composto della straduccia attraversata da un rigagnolo e dove i giunchi e l’erba rinascevano come in piena campagna; della casupola della vedova, di fronte alla sua, della casa grande e nera e del cortile dello zio prete, di fianco a quello della vedova, e chiuso da una chiesetta attigua il cui orticello invaso di male erbe e ombreggiato di cipressi ricordava un angolo di cimitero. Simone pensava che aveva passato la sua infanzia e la sua adolescenza a saltare il muro fra il cortile dello zio e l’orticello della chiesa, e si domandava se non