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la moglie 283


— Tu dunque hai ammazzato una donna? Perchè l’hai ammazzata, si potrebbe sapere?

— E perchè non si potrebbe sapere? Perchè mi dava fastidio; era l’amica di mio marito.

— Oh!

— Ecco, io avevo quindici anni, anzi ne avevo quasi sedici. Non pungere i buoi, Simone, aspetta, piano, che sentano bene, tutti questi signori. Volete sedervi sul carro? E pulito. Io avevo dunque quindici anni e più: lei ne aveva quasi trenta, lui venti. Sfido io se lo stregava. Era rossa come una melagrana. Egli tornava tardi, la notte, a casa, ed io avevo freddo. Lo aspettavo, lo aspettavo: le ore passavano lente come giorni di lutto. Allora io pensavo di ammazzarla. E pensavo: mi daranno venti anni di pena; tornerò a trentasei anni, ed egli ne avrà quaranta. Allora ella non sarà più fra noi, ed egli mi vorrà bene. Io pensavo così, ma non so ancora se avrei avuto il coraggio d’ammazzarla, se essa non fosse venuta quasi ogni giorno a provocarmi. Sì, essa veniva a provocarmi: ora veniva con la scusa di chiedermi un po’ di lievito o un po’ di fuoco, perchè stavamo vicine, ora con la scusa di cercare il suo gattino che veniva sempre nel mio cortile. Un gattino giallo, con gli occhi verdi, lo ricordo sempre.

— Aveva marito?

— No, non aveva marito. Era una mala donna, possibile che tu non abbi capito? Quando la vedevo mi si annebbiavano gli occhi e tremavo tutta; non vedevo altro che lei, in